The Sublime vertigo workshop Iuav 2010

The Sublime vertigo workshop Iuav 2010

The Sublime Vertigo. Iuav Summer school 2010

Venezia/Cortina d’Ampezzo, luglio-agosto 2010

 

Docente: Flavio Albanese

Tutor: Piero Corradin, Maria Pesavento, Giuseppe Santonocito

 

Outro/ Giuseppe Santonocito
concept, layout, contenuti testuali, coordinamento degli ospiti e degli interventi, output finale

I workshop estivi WAVe, organizzati dallo Iuav, il prestigioso Istituto Universitario di Architettura di Venezia, sono l’occasione per invitare nomi e personalità dell’architettura internazionale a lavorare, con gli studenti, a laboratori che sviluppato temi e proposte nuove, creative, sperimentali. Per il workshop estivo del 2010 Flavio Albanese ha proposto un field workshop sulle dolomiti bellunesi, intitolato The Sublime Vertigo. Il 26 giugno 2009 le Dolomiti sono state inscritte nella Lista Unesco del Patrimonio dell’Umanità “grazie alla loro bellezza, all’unicità paesaggistica e all’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico”.  Poiché compito dell’Unesco è promuovere la protezione e la conservazione del patrimonio culturale e naturale planetario, le Dolomiti si apprestano a diventare territorio tutelato, paesaggio sacro, spazio “museale” da preservare contro le future manomissioni. Qual’è il valore di questa preservazione? Cosa percepiamo davvero quando guardiamo un paesaggio? Alcuni dati sulle Dolomiti: 12 comprensori sciistici, 450 impianti di risalita, 1200 km di piste, un numero imprecisato di baite, strutture ricettive e di supporto. Le vette dolomitiche sono tra i paesaggi più antropizzati e al tempo stesso più esclusivi al mondo: il loro riconoscimento a patrimonio dell’umanità ci spinge a riconsiderare radicalmente le categorie di ambiente, paesaggio, spazio comune, architettura. L’osservazione del paesaggio è una strategia di lettura dello spazio, propedeutica ad ogni attività progettuale: si diventa buoni architetti, se si è dei buoni osservatori. Comprendere il paesaggio contemporaneo significa allora imparare ad osservarlo, adottando il lessico di una lingua nuova, da costruire di volta in volta: una sorta di meta-o ne-archeologica che definisca criteri contemporanei di raccolta e classificazione dei reperti e degli scenari.